Ogni giorno, nel mondo, sono circa 130 le donne che muoiono a causa di un aborto non sicuro. Ogni anno, altri 7 milioni di donne soffrono di invalidità temporanee o permanenti. Secondo l’OMS, l’aborto non sicuro, unica causa di mortalità materna completamente prevenibile, provoca il 13% dei decessi a livello globale.
Statisticamente, 1 donna su 3 subisce almeno un aborto nel corso della vita, indipendentemente dal gruppo etnico a cui appartiene, dalla religione o dallo status sociale. L’accesso sicuro all’aborto è stato stabilito come diritto umano da numerose strutture internazionali, quali il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite e i tribunali per i diritti umani in Europa, nelle Americhe e in Africa. Nonostante ciò, le donne continuano ad essere stigmatizzate, costrette a portare avanti gravidanze indesiderate o pericolose per la vita, o a ricorrere a soluzioni ad alto rischio; questo avviene in diverse aree geografiche, sia nei paesi sviluppati che sottosviluppati. Molte sono minorenni, sopravvissute a stupri o con problemi di salute. In tutto il mondo, le donne devono affrontare il rifiuto, gli oneri finanziari e, in taluni casi, anche la reclusione. Le leggi restrittive sull’aborto sono collegate alla mancanza di un facile accesso alla contraccezione, alla scarsa educazione sessuale, alla violenza sessuale e di genere e alle religioni utilizzate come strumento politico.
Nel 2020, in Polonia, dopo le restrizioni delle leggi sull’aborto, sono iniziate una serie di proteste, poi violentemente represse. Nelle Filippine, l’accesso universale ai moderni contraccettivi è stato legalizzato solo nel 2012. In Egitto, le donne incinte prima del matrimonio rischiano la morte per aver disonorato le loro famiglie. Nel sud degli Stati Uniti, l’educazione sessuale non è inclusa nel programma scolastico e i tassi di gravidanza tra le adolescenti sono i più alti nel mondo sviluppato. In El Salvador, le donne rischiano fino a quaranta anni di carcere per aborto o addirittura per complicanze ostetriche. In Nigeria, la violenza sessuale è stata dichiarata emergenza nazionale e la mortalità materna è tra le più alte al mondo.
Gli esempi di paesi quali la Polonia e gli Stati Uniti, dove le leggi sull’aborto sono state effettivamente inasprite nel 2020 e nel 2022, mostrano che le restrizioni aumentano la mortalità e la morbilità infantile e materna. Le donne che non sono in grado di interrompere gravidanze, danno alla luce bambini che non sopravvivono, mentre i medici, spaventati di entrare in conflitto con la legge, esitano a prendere misure salvavita per le pazienti in caso di mancato aborto spontaneo.
Il dibattito politicizzato riguarda il valore e il ruolo delle donne. È una delle principali fonti di stigma sociale e una questione di potere: chi ha il diritto di decidere quando si parla di fertilità femminile? Le conseguenze dell’aborto non sicuro non hanno un impatto solo sulle donne, ma sulle loro famiglie, comunità e società. Come afferma l’OMS, la mancanza di accesso all’aborto sicuro costa ai sistemi sanitari dei paesi in via di sviluppo 553 milioni di dollari all’anno che devono essere destinati alle cure post-aborto.
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