Il numero di donne colpite da tumore al seno cresce velocemente. E se un tempo la fascia di età delle persone più a rischio era compresa tra i quaranta e i sessant’anni, oggi la forbice si è allargata fino a raggiungere ragazze di diciotto e signore oltre gli ottanta. Vien da sé che oltre a essere un problema di carattere sanitario, questa è diventata anche una questione sociale e culturale. Una donna su otto viene colpita da tumore al seno nel corso della vita. Si stima che in Italia, ogni giorno, circa mille persone ricevano una diagnosi di tumore maligno.
La fotografa ha pensato di utilizzare un velo come filo conduttore, un vezzo tipicamente femminile visto che la parte colpita, il seno, è simbolo di femminilità. Con la sua trasparenza e leggerezza, questo tessuto le ha consentito di “giocare” sul set con le sue modelle e (s)velare non solo le parti del corpo colpite dal male, ma anche le cicatrici profonde e non sempre visibili.
Nonostante la sofferenza, sia fisica che psicologica, chi ha deciso di partecipare al progetto lo ha fatto per celebrare la vita.
Silvia ha imparato che il processo di guarigione passa anche attraverso piccole cose. Quando cadono i capelli o si ingrassa per le medicine, prendersi cura di sé è fondamentale. In quel periodo non ci si riconosce, la mancanza delle sopracciglia toglie espressione al volto, si perde la propria identità.
Ogni donna ha vissuto il percorso della malattia in maniera diversa: chi con grinta, chi con rabbia, chi ha rafforzato legami affettivi e sentimentali, chi si è ritrovata sola. Anche per i familiari è difficile vivere di riflesso questa situazione, sono numerose le coppie che non hanno resistito a questa prova, molti uomini non sono stati capaci di sostenere il peso di tanta sofferenza.
Inaspettatamente, tutte le donne ritratte hanno detto che il cancro è stato un’occasione. Un’occasione per ripensare a tante cose, per prendersi cura di sé, per fare pulizia nella propria vita, per capire ciò che conta e per trovare, finalmente, la forza e il coraggio per realizzare un sogno.
Alcune hanno incontrato medici straordinari che le hanno seguite e non le hanno fatte sentire sole, molte invece sono state trattate come numeri ai quali doveva essere applicato un protocollo identico a quello di tutte le altre.
Ma nessuna persona dovrebbe essere trattata come un numero; ai futuri medici bisogna insegnare che non si interviene solo su un sintomo, ma che ci si deve prendere cura del corpo, della psiche e dell’anima dei pazienti.
Bisogna saper ascoltare.