Il villaggio di Oshevensk, situato nel distretto di Kargopol nella regione di Arkhangelsk, si estende lungo la riva del fiume Churiega, a circa 900 km da Mosca. Composto da cinque insediamenti, un tempo Oshevensk contava più di una dozzina di villaggi, ma nel corso del tempo molti sono stati abbandonati a causa del costante flusso migratorio verso le città. Attualmente, il villaggio ospita circa un centinaio di abitanti.
Il fotografo arriva a Oshevensk per la prima volta in una fredda mattina d’agosto del 2008, al sorgere del sole. Un salto indietro nel tempo, nelle aure dei film di Tarkovskij o dei romanzi di Tolstoj, nel grembo della Madre Russia, un luogo impermeabile ai mutamenti sociali degli ultimi decenni. Da quel primo viaggio è nata una grande fascinazione che lo ha riportato al villaggio nei tre anni successivi. Brevi viaggi, scanditi dal mutare delle stagioni, per scrutare con l’occhio dell’anima quel microcosmo di gesti semplici e autentici, dove il tempo scorre più lentamente, lontano dalle logiche consumistiche della società occidentale. Un progetto a lungo termine che dura ormai da quasi 15 anni.
Attraverso la fotografia, Francesco Comello cerca di dar voce a una comunità resiliente che si aggrappa alle proprie radici. In un’epoca dominata dalla tecnologia e dalla frenesia, Oshevensk rappresenta un rifugio, un luogo dove il tempo scorre con un ritmo più umano. La scelta di rimanere nel villaggio, vivendo una vita semplice e rurale, assume un significato profondo e diventa un atto di resistenza e rivendicazione dell’identità e del diritto alla pace. Queste immagini vogliono offrire uno sguardo su un mondo che ci ricorda l’importanza delle radici, della comunità e dei valori semplici. È un invito a non dimenticare le piccole comunità rurali, custodi di un patrimonio culturale e di una biodiversità inestimabili, fondamentali per costruire un futuro più sostenibile ed inclusivo.
Copyright foto: © Francesco Comello