Questo lavoro approfondisce le conseguenze durature che la guerra produce sui giovani, offrendo uno sguardo sulla realtà di cosa significhi essere ragazzi in Ucraina, a quasi due anni dall’inizio del conflitto. In genere, gli anni della giovane età adulta rappresentano un periodo in cui espandere gli orizzonti, fare amicizia e intraprendere nuove avventure. Tuttavia, per molti giovani ucraini, la guerra con la Russia ha infranto queste prospettive, sostituendole con pericoli, morte, depressione e la mancanza di una casa. All’interno di questa narrazione visiva, ci sono le vite andate in frantumi e i sogni svaniti, che si mescolano con la speranza che cerca di farsi largo per non essere subissata dall’oscurità circostante. Ogni immagine funge da frammento, una storia individuale che si intreccia con quelle che compongono un mosaico più ampio, per riflettere le diverse realtà e aspirazioni che emergono da questa nazione ferita.
Nel giugno 2022, mentre si trova ad Odessa, la fotografa matura la consapevolezza del profondo impatto della guerra sulla nuova generazione mentre osserva un gruppo di laureati mettere in scena una performance artistica per trascendere la privazione di non poter celebrare la cerimonia di laurea di fine anno. Questo episodio ha fatto emergere la necessità urgente di documentare questa era cruciale come testimonianza da lasciare ai posteri. Tra queste narrazioni, emergono le cicatrici visibili che fungono da evidenti promemoria, ma sotto la superficie si percepiscono i conflitti più nascosti, sia fisici che mentali. Queste battaglie, sebbene non si svolgano sui tradizionali campi di battaglia, simboleggiano profondi conflitti interiori. Incarnano la lotta continua per la libertà, la dignità, la ricerca della normalità riconquistata e la fiducia in un futuro promettente. Nel loro insieme, queste storie rappresentano l’impatto della guerra prolungata sui giovani in Ucraina, facendo venire a galla le molteplici e durature conseguenze che si sono intrecciate nel tessuto delle loro vite.
Copyright foto: © Laetitia Vançon