Questo lavoro fotografico è stato realizzato a cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ‘90. L’autore del reportage era in attesa dell’autobus sotto uno di quei ponti costruiti negli anni ’60, che rappresentavano il simbolo dell’ingegneria italiana di quel periodo. All’improvviso dei rumori, come forti boati, simili a quelli di un tuono. In realtà si trattava di un camion: il suo passaggio provocava un assordante rumore sui giunti del ponte, quasi come se tutto stesse per crollare.
In quello stesso giorno Michele Guyot Bourg ebbe l’idea di documentare la vita che scorreva vicino e sotto i viadotti che attraversavano la sua città. Un progetto che ha richiesto 4 anni di lavoro, ormai lontani, ma che tornano così tragicamente vicini nei giorni della tragedia, che lo scorso 14 agosto ha colpito la città di Genova, portandosi via le vite di 43 persone.
“Vivere sotto una cupa minaccia”, è stato esposto in tutta Italia, ma non a Genova. L’autore lo ha realizzato nel suo tempo libero dopo il lavoro, quando si chiudeva in una camera oscura per sviluppare gli scatti regalati dai quei concittadini che gli aprivano la porta di casa e gli davano il permesso, in punta di piedi, di entrare nelle loro vite per raccontarle.
Ricorda le abitazioni dei ferrovieri in via Fillak, sotto il ponte Morandi, inizialmente un po’ restii verso il suo progetto di raccontare la vita che scorreva sotto il ponte. In alcuni casi ci sono voluti quasi 6 mesi per convincerli a farsi ritrarre.
Una documentazione fotografica dal linguaggio diretto in cui non servono le parole, veritiera di una realtà vissuta e subita negli anni. Voci che si uniscono attraverso le immagini, che a pochi giorni da quella terribile mattina, devono essere strumento di ricordo e documentazione per una nazione che deve riconciliarsi con se stessa.