Era il 2006 e la guerra in Iraq era al suo quarto anno. Nessun’arma di distruzione di massa era stata trovata. Arrivavano notizie di decine di migliaia di iracheni feriti o uccisi, di oltre duemila morti tra i soldati americani, di tassi di depressione o suicidio in crescita tra il personale militare statunitense. Intanto il Congresso e i media discutevano quanto il conflitto stesse costando agli Stati Uniti in termini economici e d’immagine, e a George W. Bush in popolarità.
Turbato dalla crescente indifferenza del pubblico nei confronti della tragedia in Iraq e critico verso la mia stessa inazione, ho intrapreso un viaggio lungo alcuni anni per documentare le vite di quegli americani che la guerra aveva profondamente cambiato.
Carlos Arredondo è un uomo distrutto, che non smette di incolpare se stesso per la morte di suo figlio, un marine. Tomas Young è un veterano paralizzato e ormai pieno di rabbia. Kimberly Rivera una soldatessa affranta che ha preso la decisione fatale di disertare e fuggire in Canada, invece di tornare in Iraq. Michael Harmon è un veterano che non sente più di appartenere alla casa a cui ha fatto ritorno. Nelida Bagley una madre incrollabilmente protettiva, aggrappata alla convinzione che il figlio, affetto da una lesione al cervello, potrà guarire un giorno. War Is Personal è uno studio su esistenze sconvolte, la cronaca di esperienze e percezioni profondamente diverse su che cosa vuol dire andare in guerra, rimanere in attesa, essere in lutto, continuare a vivere quando chi si ama non c’è più.