In Italia la recidiva, il tasso di coloro che rientrano in carcere dopo un periodo detentivo, si aggira intorno al 68% ossia 68 persone scarcerate, ritornano in carcere per un nuovo reato. Il dato però non è recente, ma risale a fine del 2009. Più recenti (2017) i dati su coloro che operano in carcere. Per il 90% membri della polizia carceraria contro una media europea del 68%. Per quanto riguarda la percentuale di altre professioni all’interno del carcere, si può notare che la media europea è del 4,3 per cento per medici e infermieri (0,2 in Italia), del 2,2 per cento per assistenti sociali e psicologi (0,1 in Italia), del 3,5 per cento per educatori (2,2 in Italia), del 4,8 per cento per i formatori (zero per cento in Italia) e infine del 15,2 per cento per altre tipologie professionali (6,9 in Italia).
Con uno sforzo di questo tipo difficilmente si può pensare di ridurre la recidiva e i relativi costi sociali ed economici che questa comporta.
TEATRO NEL CARCERE DI BUSTO ARSIZIO
“Eco” racconta le storie di 14 detenuti, meritevoli di poter partecipare al laboratorio teatrale, che si tiene da 9 anni presso la Casa Circondariale di Busto Arsizio (VA).
Le vite di questi detenuti, fatte di dentro e fuori, di reale e finzione, sono raccontate attraverso l’esperienza del teatro, la paura di dimenticare una battuta, l’emozione di uscire, solo per una sera, ed esibirsi su un palco; attraverso la loro voce. Il format scelto per il progetto è quello dell’audio slideshow (fotografie e voce) perché unisce perfettamente la ricerca giornalistica e il reportage fotografico. La struttura si basa sul prima e dopo: si apre con il racconto personale dell’esperienza teatrale, e si chiude con il resoconto dello spettacolo al teatro Sociale di Busto Arsizio, il 6 aprile 2017. Le interviste sottolineano, spesso involontariamente, con scelte lessicali semplici ed efficaci, cosa significhi restare in una cella anche per diversi anni. Lo spazio spaventa, il suono è amplificato, la libertà di movimento emoziona e illude.
La dimensione di una cella è 3 metri per 3 metri. Il sovraffollamento è pratica consueta sul nostro territorio, e non ci sono cenni di un’inversione di tendenza. La casa Circondariale di Busto Arsizio può contenere meno di 300 detenuti: oggi ne ospita 425. La condivisione di ogni senso diventa obbligatoria, così come i rumori, i silenzi, la concezione del tempo, dello spazio e del sé.
Il progetto mira a ricordare che l’uomo e il detenuto sono un’unica entità. La pena deve essere proporzionata al reato, così come dovrebbe esserlo la riabilitazione dall’errore, e il futuro reinserimento dell’uomo in mezzo agli uomini. Dei detenuti non conosco né il crimine commesso, né la pena. Le domande a riguardo sono l’unica regola da rispettare per accedere al laboratorio. Di alcuni di loro conosco il reato solamente perché sono stati loro stessi a rivelarmelo, al fine di spiegare il loro approccio alla performance teatrale.”Eco” mostra la quotidianità della vita in un carcere attraverso l’eccezionalità di un’uscita collettiva. Il racconto corale di questo evento diventa la voce di chi ha trovato la volontà per cambiare e mettersi in gioco.
L’Eco, che ho provato in questi ultimi mesi ad eliminare dalle tracce audio delle interviste, è una parte imprescindibile del suono del carcere. Eliminandolo, si elimina anche la voce dei protagonisti. Spero che anche per questi uomini, il suono di ritorno sarà diverso da quello di partenza.